venerdì 3 luglio 2015
Capitolo 42 del giallo "W.D.C sotto traccia"
Michael afferrò le gambe dell’arabo che tentava di usare il
radiocomando. L’arabo cadde a terra.
Si girò e sparò contro Michael colpendolo alla gamba destra.
Michael sentì che stava perdendo sangue, forse il colpo
aveva leso un’arteria. Non aveva molto tempo davanti a sé.
La pistola dell’arabo si inceppò e Michael gli saltò al collo
cercando di strangolarlo. La sua mente lavorava incessantemente,
nonostante il dolore atroce della gamba ferita.
L’arabo si divincolò, rotolandosi sul pavimento. Si rialzò
estraendo una P38 da una fondina legata alla caviglia.
Michael con una spazzata di sinistro lo atterrò e colpì di
taglio la mano che impugnava la pistola, facendola cadere.
L’arabo era a terra e stava cercando di rialzarsi con un colpo
di reni. Michael gli assestò un calcio nei testicoli e gli si
gettò sopra.
Habib Fareh da terra, nel tentativo di respingerlo, alzò una
gamba che appoggiò contro il ventre di Michael proiettandolo
sopra di sé.
Michael atterrò dentro l’apertura del tobogan e cominciò
a scivolare verso il basso mentre sentiva che dalla gamba il
sangue pulsava uscendo.
Precipitò lungo il tobogan in mezzo all’acqua a velocità
crescente. Dietro di lui stava arrivando anche l’arabo.
“E adesso che faccio quando sprofondiamo in piscina?” si
chiese Michael che sentiva le forze venirgli meno.
Arrivato nella parte terminale dello splash venne espulso
nell’acqua.
Galleggiava sul dorso quando arrivò l’arabo testa e mani
in avanti. Impugnava un pugnale seghettato che mandò un
bagliore quando all’uscita dello splash venne centrato da un
raggio di luna.
L’arabo cadde sopra Michael che gli bloccò la mano col
pugnale e immerse nel ventre di Habib Fareh la lunga lama
del coltello a serramanico che rigirò con taglio trasversale con
la tecnica del suicidio giapponese ‘seppuku’.
Il corpo dell’arabo gli si accasciò addosso. Michael ora rischiava
di affogare. Si liberò dell’avversario facendolo scivolare
di lato e si avvicinò al bordo della piscina dove si issò con
grande fatica. Quindi perse i sensi.
Una pedata in un fianco lo fece tornare in sé mentre una
voce maschile metallica e gutturale gli diceva:
“Bel lavoro. Ma sei stupido e adesso tocca te. Gli imbecilli
non possono vivere. Combinano troppi guai”.
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