martedì 13 gennaio 2015

W.D.C sotto traccia Capitolo 18

Gaetano Olderisi, maestro venerabile della Loggia Garibaldi
era di fronte all’ingresso principale del George Washington
Masonic Memorial. E stava osservando dall’alto
della lunga scalinata il traffico che si snodava dalla King Street
verso la stazione ferroviaria Amtrak.
Il mausoleo era posto su una collinetta che dominava la
città di Alexandria. Se uno non si imbatteva nella grande
aiuola con il compasso e la squadra disegnati, avrebbe potuto
definire quella grande costruzione come un campanile di una
basilica cristiana.
Il Memorial era stato costruito nel 1920 con il contributo
di oltre due milioni di massoni americani che avevano espresso
in una lapide “la stima imperitura dei massoni americani
per colui alla memoria del quale questo monumento sarà testimonianza
per gli anni a venire”.
Michael Bardi stava salendo la scalinata di corsa, saltando
i gradini per fare prima. Arrivò finalmente in cima un po’
trafelato.
“Worshipful Master Olderisi, scusatemi. Non riuscivo a
trovare un parcheggio”.
Gaetano Olderisi, sorrise lo baciò tre volte sulle guance e
disse:
“Finalmente ho l’onore e il piacere di vedervi, Fratello Michael…
Entriamo dentro il tempio perché siamo inseriti in
una visita guidata e gli ho chiesto di pazientare per qualche
minuto”.
All’interno del memorial un piccolo gruppo di persone
stava attendendo Michael e il suo Maestro Venerabile. Una
coppia, lui pelle abbronzata, di media altezza, lei bionda e
molto graziosa che appoggiava la testa sulla sua spalla. Una
famigliola di grassoni, padre, madre e figlio, obesi e felici.
Si presentarono sorridendo: John, Mary e Peter. Venivano
dal Texas e John era un 'fratello' di una Loggia di Houston.
Un giovane sui venticinque, rigorosamente vestito di scuro
era la guida, dichiarò di non essere massone e di lavorare
nel tempio per guadagnare qualcosa.
“Buon giorno. Mi chiamo Tyron e sono la vostra guida per
la visita di questo memorial. La prima cosa che desidero dirvi
è lo scopo di questa costruzione”.
Si mise a leggere a voce alta l’iscrizione che campeggiava su
una architrave: "Per ispirare l’umanità attraverso l’educazione
che consenta di emulare e promuovere le virtù, il carattere
e la visione di George Washington, l’Uomo, il Massone e il
Padre della nostra Nazione”.
“Vedi Michael”, disse in italiano bisbligliando Gaetano
Olderisi che era passato al ‘tu’ lasciando il ‘voi’ massonico,
“Tutto questo può essere scambiato per culto della personalità.
Ma gli americani sono innamorati del loro Padre
Fondatore. È un sentimento diffuso, al di là delle differenze
di classe, di pelle e di religione. In un Paese come gli Stati
Uniti George Washington rappresenta tutto: il garante del
sentimento nazionale, l’artefice di una missione impossibile
condotta al comando di un esercito di contadini, male armati
e soprattutto, peggio addestrati. L’eroe che è riuscito a
sconfiggere l’esercito della nazione imperiale più potente nel
mondo. Un personaggio rinascimentale che univa a un grande
talento strategico anche enormi capacità imprenditoriali”.
La guida Tyron era impegnata nell’illustrazione dei due
grandi affreschi che coprivano le pareti principali del salone
d’ingresso. Il primo sulla parete nord raffigurava George
Washington che partecipava a una funzione religiosa nella
Christ Church a Philadelphia nel 1778 per aiutare i poveri
dopo il ritiro delle truppe inglesi dalla città. Il secondo affresco
raccontava la posa della pietra d’angolo del Campidoglio
nel 1793 fatta da Washington che indossava il grembiule
massonico, attorniato dai suoi ufficiali anch’essi con i paramenti
dell’Istituzione.
Scarso l’interesse della coppia di giovani che si sbaciucchiavano.
Tutto teso invece il grassone John del Texas, volto
illuminato dalla gioia di trovarsi nel santuario massimo della
massoneria. Sguardo rivolto alla grande statua in bronzo del
Fondatore della nazione.
“È come quando i turisti entrano a San Pietro, a Roma”,
pensava Michael. “Hai voglia di criticare lo sfarzo del tempio
e del Papato. Uno si sente catturato e schiacciato”.
“Adesso, disse Tyron la guida, prenderemo uno dei due
ascensori obliqui che salgono sino alla sommità della torre.
Proprio così. Non sono verticali ma hanno una incidenza di
7 gradi e mezzo. La loro costruzione è iniziata nel 1947 e ci
sono voluti anni prima che venisse completata”.
All’aprirsi delle porte il gruppo si incuneò nell’ascensore.
Michael dette un’occhiata alla targhetta che diceva quanto
era il peso massimo consentito e guardò con preoccupazione
i corpaccioni dei tre della famiglia texana che gli stavano davanti
rivolti verso l’uscita.
Il tour continuava a snodarsi nei diversi piani. Il terzo dedicato
all’ordine sociale del Grotto. Il quarto con il museo di
George Washington. Il quinto, settimo e ottavo piano dedicati
ai tre corpi principali del Rito York: Royal Arch, Royal
and Select Masters e i Knight Templars.
“Questa cappella dei Cavalieri Templari è molto significativa.
Lo sai che è stata inaugurata dall’allora vicepresidente
Nixon, che non era massone. Sono belle le vetrate con
le immagini di Cristo che guarisce il cieco, il sermone della
montagna e la Crocefissione e Resurrezione”, disse Gaetano
Olderisi.
“E pensare alla fine che hanno fatto fare a Jacques De
Molay e a tanti altri templari il papa Clemente V e il re di
Francia Filippo il Bello nel 1312. Altro che eresia: volevano
impossessarsi dei grandi tesori accumulati dai Templari nei
loro scontri con i musulmani”, replicò Michael accarezzando
una delle armature poste su un piedistallo.
“Il potere religioso e politico quando si combinano insieme
costituiscono una miscela molto pericolosa”, assentì Gaetano
Olderisi pensieroso.
E finalmente l’ascensore obliquo raggiunse il nono piano,
la cima della torre.
“Avete dieci minuti per uscire fuori sull’osservatorio che
corre intorno”, disse la guida.
Michael Bardi e Gaetano Olderisi fecero il giro del ballatoio,
ammirando la vecchia Alexandria e poi, al di là del
Potomac, la Washington monumentale della quale si scorgevano
a occhio nudo la cupola di Capitol Hill, le guglie della
Cattedrale multireligiosa e più lontano il complesso della
Georgetown University costruita nel 1789.
Mentre i componenti del gruppo si attardavano in osservazione
e fotografie su uno dei lati dell’osservatorio, Michael
e Gaetano preferirono lasciare il resto della comitiva appoggiandosi
al parapetto del lato opposto.
“Che succede Michael? Perché non partecipi ai lavori di
Loggia. Sai la stima che ho per te. Abbiamo bisogno di giovani
preparati e pieni di energia, come tu sei… ”.
“Maestro Venerabile, i miei impegni professionali mi impediscono
di partecipare con assiduità. Ma non sarei completamente
sincero se non le dicessi che se ho qualche ora
libera da passare a Washington preferisco dedicarla a qualche
amica… spero che lei mi comprenda… ”.
Gaetano Olderisi sospirò. “È un cammino lungo e difficile,
caro Michael, quello del massone. Lo scopo è quello di
lavorare per cercare di perfezionarci, di passare dalla pietra
grezza a quella squadrata”.
Continuò a illustrare a Michael gli obblighi morali di un
appartenente alla antica Istituzione che affonda le sue radici
nella notte dei tempi.
Olderisi parlava, parlava e Michael non osava interromperlo.
Tanto meno si azzardava a fare notare all’anziano fratello
che purtroppo in molte Logge manca, come dire?, un appeal.
Non si possono perdere ore a discutere del sesso degli angeli,
mentre fuori della Loggia la vita scorre a velocità convulsa.
E poi si sarebbe potuto osservare che se i massoni sono un
modello da imitare, allora è necessario tornare a mischiarsi e
confrontarsi nella società civile per cercare di modificarne i
comportamenti in senso positivo.
Predicando, ma soprattutto, praticando i canoni della morale
e dell’etica. A cominciare dalla politica.
Questo pensava Michael mentre Gaetano Olderisi dipanava
con il suo eloquio sonnolento la sua litania massonica.
Con la coda dell’occhio Michael si accorse che qualcuno
era entrato nella loro sezione dell’osservatorio.
Era il giovane dal carnato bruno, rimasto solo, che si avvicinava
sorridendo.
Istintivamente Michael portò la mano alla pistola sotto
l’ascella. Ma non fece in tempo a estrarla. Due colpi secchi
della Beretta con silenziatore e Michael crollò a terra mentre
dalla spalla sinistra cominciava a fuoriuscire un rigagnolo di
sangue.
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Il telefono squillò.
Una mano sollevò il ricevitore.
“Fatto!” disse una voce e riattaccò.
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La splendida rossa, che si lasciava una scia di profumo che
aveva già messo in catalessi un paio di portantini dello Inova
Alexandria Hospital, si avvicinò al banco delle informazioni
dietro il quale sedeva una volontaria al di là dei sessanta.
“Può dirmi qual è la camera del Sig. Bardi, please?”.
“Non può ricevere visite. A meno che si tratti di casi molto
urgenti… ”, rispose la dama volontaria con una palese
acredine.
“E allora io sono un caso molto urgente. Perché sono il
suo avvocato”. E Rachel tirò fuori dalla borsa Prada la sua
tessera professionale.
“Scriva qui il suo nome e ora di entrata, poi prenda l’ascensore
di destra. Stanza numero 24/d”.
La porta si socchiuse lentamente. Michael cercò con la destra
la P38 sotto il cuscino.
Un folata di Boucheron si insinuò nella stanza prima che
comparissero le forme sinuose di Rachel.
“Michael, tesoro: ma che ti hanno fatto?”, chiese la rossa
sventolando la sua gran chioma di fuoco, mentre si chinava
a depositare un casto bacio sulla fronte del giovane paziente.
Rachel prese posto sulla sponda del letto.
“Chiaramente ci sono persone che vogliono farmi fuori”,
disse Michael con un filo di voce perché ancora debole per la
gran quantità di sangue che aveva perduto.
“Per mia fortuna era con me un amico che si è prodigato
nel chiamare l’ambulanza e farmi portare qui dove sono stato
operato per qualche ora. Perché sembra che la mia spalla fosse
messa molto male”.
“Ma ho letto sul Post che ti hanno sparato due colpi. Uno
deve essere andato a vuoto”.
“No. Quando sei il target di un assassino professionista il
margine di errore non esiste o è minimo. Il primo colpo mi
ha preso al torace, ma porto sempre il giubbetto antiproiettile
in teflon che mi ha salvato. Dovresti ricordare, visto che
mi hai spogliato molte volte. Il colpo mi ha rotto un paio di
costole”.
Rachel sorrise, ammiccando.
“Come sta lui?” chiese e cominciò ad accarezzare il pene
di Michael che nonostante la ferita e la debolezza reagì immediatamente.
“Sta bene, vedo”. E sollevata la coperta e il lenzuolo iniziò
un trattamento di blow job eseguito con tecnica raffinata.
Un colpo alla porta che si aprì. Entrò d’impeto una infermiera
nera di grosse dimensioni.
“Le visite sono terminate. Prego lasciare subito il malato”.
Rachel raccolse la borsa da cui tirò fuori un fazzoletto col
quale si asciugò la bocca fulminando con uno sguardo di odio
l’infermiera cicciona che la soqquadrava con aria ironica.
“Bitch, puttana” sussurrò la nera mentre Rachel superava
la porta, “Abbiamo telecamere in ogni unità e ti abbiamo
seguito live. Grande successo soprattutto fra i medici e le infermiere
stagiste”.
L’avvocato O’Hara uscì dalla camera di Michael Bardi sfilando
davanti a un gruppo di dottori e nurse che applaudivano
ghignando.

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