L’Embraer ERJ’s 170 lr della Egypth Air Express proveniente dal Cairo iniziò l’avvicinamento all’International Airport di Hurghada. Tra i quaranta passeggeri quattro parlavano russo ed erano sbarcati un’ora prima da un volo diretto Mosca-Cairo gestito da Aeroflot. “Ormai Hurghada è diventata una colonia marina russa”, disse uno dei quattro parlando all’orecchio del suo compagno di viaggio che avrà avuto una sessantina di anni. “Mi ricordo venti anni fa quando ci sono venuto la prima volta”, aggiunse l’altro passeggero scolando una micro bottiglietta di vodka che aveva pagato allo steward in dollari. “Anche questo aeroporto - aggiunse - lo sai… glielo abbiamo fatto noi, in un pacchetto di altre infrastrutture militari. A cominciare dalla diga di Aswan che gli ha dato energia elettrica a non finire”. “Già. Però gli ha rovinato tutto l’ambiente. Per millenni le piene del Nilo erano il miglior fertilizzante. Oggi sono costretti a importare concimi chimici a migliaia di tonnellate. Senza parlare del Delta dove ormai l’acqua salata entra per chilometri e brucia le colture”.
Il russo più anziano guardò con aria divertita il giovane compagno di viaggio che si era lanciato in una elencazione dei guai causati dalla diga di Aswan. “Vedo che ti sei imbevuto di propaganda capitalista”, disse. Il giovane russo scosse la testa. “Proprio per niente. Questi sono dati e non sono smentibili. Resta il fatto che l’Unione Sovietica ha dato all’Egitto e altri paesi africani nel giro dei decenni migliaia di miliardi di rubli. E oggi ci ritroviamo questo paese sotto il controllo degli americani. Un bel successo”. Il sessantenne russo, corporatura massiccia, aspirò dalla finta sigaretta elettronica che emetteva vapore a ogni boccata. “Ti stavo dicendo di Hurghada”, continuò il giovane russo. “Oggi è una grande città con centinaia di alberghi. La concorrenza di Sharm El Sheik dall’altra parte del Mar Rosso l’ha messa un po’ in affanno negli ultimi anni. Ma dopo gli attentati che ci sono stati a Sharm El Sheik e la criminalità che sta aumentando, Hurghada ha ripreso a correre. Pensare che era il paradiso degli scuba divers. Molti si spostano ora a Mar Sa La. E Hurghada continua a essere il sessificio, tipo Rimini in Italia. Ma a prezzi molto abbordabili per la classe media russa”.
L’Embraer toccò terra dolcemente. I controlli doganali li avevano già fatti al Cairo e i quattro si imbarcarono su un’auto a noleggio nera che attendeva appena fuori del terminal con un cartello inserito nel lavavetro su cui era scritto Lilyland. Lilyland Beach Club era uno dei primi resort costruiti a Hurghada da architetti italiani. Nonostante fossero passati un paio di decenni, Lilyland conservava ancora una sua originalità rispetto ai falansteri realizzati da catene internazionali alberghiere nelle quali a norma di legge doveva figurare una sostanziale presenza del capitale egiziano. Di quale provenienza non era il caso di indagare. Piccole unità abitative di diverso taglio, grandi piscine. E una baia artificiale con un lungo molo che si addentrava nelle chiare acque del Mar Rosso. Lilyland per anni era stato un punto di riferimento per il turismo medio alto italiano e tedesco. Poi l’invasione dei russi che con mille dollari potevano trascorrere quindici giorni a mezza pensione, aereo compreso, aveva abbassato il livello del resort. Hurghada era ormai in mano ai russi, al punto che la cartellonistica era scritta in cirillico. A Lilyland la direzione si era vista costretta a riservare il ristorante centrale solo ai russi. Italiani e tedeschi erano pregati di andare da altre parti.
Dopo avere fatto check in i quattro russi si videro consegnare la chiave dell’unità che era stata loro assegnata. Presero uno degli shuttle elettrici e l’autista si fermò davanti alla loro abitazione. Due camere con letti separati, due bagni, tinello con cucina e grandi divani che all’occorrenza si trasformavano in letti. Erano ormai le otto di sera e dopo aver indossato abiti da spiaggia, i quattro si diressero verso il ristorante russo. Un cameriere mostrò loro un tavolo riservato. Il locale era pieno di connazionali. Intere famiglie con ragazzini, alcuni dei quali urlavano a più non posso. Donne mature single in cerca dell’avventura egiziana. Passando tra i tavoli colsero gli sguardi di un gruppo che stava cenando. L’appuntamento era alle 23:30 intorno alla piscina quando fosse terminato lo show serale del gruppo di intrattenitori italiani. “Va bene questa bottiglia?” chiese sorridendo Valery, uno di quelli che li avevano osservati quando entravano nel ristorante. Ridendo mise sul tavolo di plastica una bottiglia di vodka gelata appena tolta dal freezer. Il gruppo era composto da otto persone che si accomodarono intorno al tavolo rubando un po’ di sedie agli altri clienti. “Quello che ci vuole”, disse Andrei, il tipo sessantenne appena arrivato dal Cairo, accendendosi l’ennesima sigaretta vera. Giro di liquore tra tutti i presenti. “Cheers, prost, skoll, nastrovie, good health, salute”, disse Valery. Gli altri risposero con un sonoro “Nastrovie!”. “Tovarich, cominciò Andrei parlando sommessamente, Ci troviamo qui per una serie di ragioni. Alcune di scenario altre che richiedono un impegno immediato. Non si tratta solo di una guerra tra noi che abbiamo e controlliamo il petrolio e i verdi che vogliono la sostituzione dei fossili con le energie alternative. Fuori di dubbio che la decisione, dopo il disastro di Fukushima, del primo ministro giapponese di stoppare la costruzione di nuove centrali nucleari e focalizzarsi sul green, ha rotto le uova nel paniere, non solo a chi costruisce centrali nucleari, ma anche a tutti quelli che estraggono, vendono e raffinano petrolio”. Altro giro della bottiglia di vodka e mugolii di consenso. Andrei continuò: “Ma non è che anche tra quelli che estraggono petrolio ci sia concordia. Gli arabi stanno portando avanti una politica a dir poco confusa. La casa reale dell’Arabia Saudita continua nella sua azione di lobby in America, lavorando ai fianchi i parlamentari dei due partiti. Mi risulta che abbiano assoldato uno dei più feroci killer con lo scopo di eliminare tutti quelli che in qualche modo possono intralciare il loro lavoro. Non mi sorprenderei se il target finale fosse anche il Presidente degli Stati Uniti che, sicuro del suo secondo mandato e fanatico delle energie non derivate dal fossile, sta dando un grande supporto a tutte quelle iniziative imprenditoriali che sono focalizzate sul solare, vento, maree, biomassa e via citando”. Gli altri sette intorno al tavolo si scambiarono occhiate di preoccupato consenso.
“L’Irak segue le direttive che riceve da Teheran. Ma lo scenario è in movimento per colpa degli israeliani che vogliono assestare una mazzata in testa all’Iran. Quanto alla Libia, dopo l’uccisione di Gheddafi, i ribelli hanno confermato una linea di prudente collaborazione con gli USA, Francia e Italia. Se poi ci spostiamo sull’America latina, il Venezuela continua a essere un’incognita soprattutto dopo la notizia della malattia di Chavez. Noi come Russia non possiamo permetterci di rinnegare i nostri rapporti con gli USA. Anche perché loro hanno una gran bisogno delle nostre Soyouz per rifornire la stazione spaziale. Ci pagano bene i passaggi. 63 milioni di dollari a sedile. E ci lasciano lavorare abbastanza bene in America Latina perché ogni tanto gli vendiamo informazioni riservate sui colombiani e la coca importata negli States. Adesso con i sottomarini costruiti ad hoc”. “Ma non c’è solo l’America, compagno Andrei”, intervenne Valery che sembrava essere il portavoce dell’altro gruppo. “I consumi mondiali di carburante stanno aumentando in maniera esponenziale e non possiamo perdere la fetta che ci siamo assicurata”. “Sacrosanto quello che dici, Tovarich. In questo scenario globale si inserisce anche una nostra esigenza immediata: quella di non perdere il controllo della situazione. La competizione interna al nostro schieramento fatta dagli arabi è un grosso problema. Come sapete da anni gli americani soffiano con la CIA sui movimenti irredentisti delle nazioni nordafricane. Qualche risultato l’hanno ottenuto con la decapitazione dei dittatori del nord Africa e Yemen che erano al potere da decenni. Ma prendete il caso dell’Egitto: le proteste di piazza Tahrir hanno fatto fuori Mubarak. Al suo posto si sono installati i generali che di Mubarak ne avevano piene le palle. Ma non è che con loro la situazione sia migliorata. Anzi i Fratelli Musulmani che prima vivevano in semiclandestinità, adesso sono uno dei pilastri dello scenario politico”.
Il bar aveva chiuso i battenti non senza avere prima fornito un’altra bottiglia di vodka che era stata pagata da Andrei. Gli ospiti del resort erano ormai andati a dormire. Alcuni si dovevano alzare alle cinque per andare a Luxor unendosi con i loro van in affitto alle centinaia di veicoli che si muovono sull’autostrada con camionette di poliziotti armati in testa e in coda nel caso di attacchi di qualche terrorista. Li attendevano ore di spaventi perché all’interno della lunga fila gli autisti si superano al millimetro ingaggiando epiche tenzoni. Altri erano fatti di stanchezza per le lezioni di wind surf, scuba diving, beach volley, gite a cavallo a malapena attenuate dai massaggi forniti dalla SPA del resort. Gli otto adesso potevano parlare con un tono di voce più marcato. Ma non c’era voglia di dialogare, quanto piuttosto di ascoltare quello che Andrei continuava a esporre con un linguaggio secco e tagliente che rivelava la sua passata esperienza di alto ufficiale nel KGB ai tempi dell’Unione Sovietica.Altro giro di vodka e Nastrovie. “Questo fondamentalismo islamico è preoccupante non solo per gli occidentali. Ma anche per noi. Se pensate a quello che ci costa la Cecenia. Ecco perché ritengo che la vecchia idea americana di fare leva sulle loro divisioni religiose (sciiti e sunniti) per farli implodere sia tutt’ora un elemento di cui tenere conto, lavorando sui contrasti e gli scontri dove e quando sia possibile. Ognuno di voi ha una posizione di rilievo nella Famiglia. Tenetevi pronti a intervenire con i vostri luogotenenti nelle aree in cui vi sarà richiesto. Il nostro deve essere un lavoro sotto traccia, come sempre. Ma, definito l’obiettivo, dobbiamo portare a casa risultati. E tra i risultati vi saranno attentati nelle principali piazze occidentali da attribuire ai fondamentalisti islamici. Che negheranno, figuriamoci. Ma questo deve fare crescere l’odio diffuso nell’opinione pubblica occidentale contro l’arabo e quello che rappresenta in termini di pericolo e condizionamento. Purtroppo c’è il problema del terrorismo interno nelle nazioni democratiche. Come è successo a Oslo, ve lo ricordate? Per colpa di quell’imbecille fondamentalista cristiano, neonazista che ha ammazzato più di novanta persone. E dire che quelli di Al Qaeda ci si erano buttati sopra, salvo poi fare una clamorosa marcia indietro. Un pericolo che persiste in tutte le democrazie industriali. Pensate alle cento sessanta vittime delle bombe a Oklahoma City nel 2005”.
Andrei si soffermò e invitò a parlare gli altri ‘compagni’. Molte le domande di approfondimento. Una in particolare: qual era lo stato dei rapporti tra loro e Cosa Nostra. Andrei riprese la parola. “Come si fa a fidarsi degli italiani? Non per niente gli hanno appiccicato addosso la definizione che sono il popolo che non finisce una guerra dalla parte in cui l’aveva cominciata. Sono ‘double standard’, fa parte della loro natura, del loro DNA. Del resto hanno sempre servito molti padroni, salvo tradirli al momento opportuno. Noi ci facciamo rispettare e li rispettiamo finché stanno ai patti. Ma vi ricordo che quando ci troviamo di fronte a comportamenti ambigui dovete informarci immediatamente. Noi prenderemo le nostre decisioni immediate e sapete quali sono. Domani partiamo, ognuno con la propria destinazione operativa. Ci troveremo in un altro paese per fare di nuovo il punto sulla situazione. Das Vidaniya, arrivederci al prossimo incontro”. Valery: “E a proposito del Rock, che ci dici?”. Andrey: “Chi l’ha costituita?”. “Cardoni, mi sembra” disse Valery. “Di che nazionalità è Cardoni, tovarich Valery?”. “Italiano… ”. “Bene: ti sei dato da solo la risposta”.
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