martedì 3 marzo 2015

Capitolo 23 di "W.D.C sotto traccia"

“Ogni volta che lo vedo lo trovo fantastico”.
Mauro Ciaparro con l’amico Luigi Ferrario stava ammirando
San Basilio, nella piazza Rossa.
“Pensa - continuò Ciaparro - che la prima volta che sono
venuto qui era il 1968. Ero studente e il partito mi mandò a
seguire un corso all’università Lomonosov”.
“Una Russia completamente diversa da questa”, disse Ferrario.
“Sì, ma anche affascinante. Noi italiani che eravamo riusciti
a rinascere col boom economico, quando venivamo in
Unione Sovietica facevamo un balzo all’indietro di quaranta
anni, anche se noi del PCI non lo volevamo ammettere”.
“Doveva essere dura a quei tempi… ”.
“Pensa che ogni persona girava con la sportina a rete che
si chiamava Avoska per metterci dentro quello che riusciva a
trovare, magari dopo una coda di ore. Una volta mi è capitato
di barattare una chitarra appena comprata con un chilo
di patate. Ma in Italia la nostra propaganda batteva sulla
metropolitana di Mosca che era ed è grandiosa, sulle grandi
costruzioni staliniane, imitazioni dei primi grattacieli americani,
che allora punteggiavano il panorama della città, sulla
bellezza del Kremlino. A proposito te ne dico una bella: la
prima volta che sono entrato con altri pochi turisti a visitare
il museo del Kremlino siamo stati costretti in un vestibolo a
indossare delle sovrascarpe di tela per non graffiare il parquet
delle sale. In quella sala c’erano dei cartelli che intimavano di
non fumare e sai in quale lingua erano scritti? In Italiano”.
Ciaparro e Ferrario erano arrivati quella mattina con un
volo da Roma dell’Aeroflot all’aeroporto internazionale Sheremetyevo
che con gli altri due, Domodedovo International
Airport e Vnukovo, serviva la capitale della Federazione Russa.
Mauro Ciaparro aveva superato i settantacinque anni anche
se non li dimostrava. Asciutto un po’ per natura e molto
per l’attività sportiva che continuava a fare sia in palestra che
correndo qualche maratoncina romana.
Luigi Ferrario era sui quarantacinque e non si poteva certo
definire un Adone: stomaco prominente che dimostrava una
particolare predilezione per la tavola e la bottiglia.
Mauro Ciaparro era in vena di rimembranze. Camminavano
attraversando la Piazza Rossa in mezzo a frotte di turisti
di ogni lingua che si godevano l’ombelico della Gran Madre
Russia grazie anche al mite autunno, una rarità per la capitale.
“Che tempi strani quelli, caro Luigi. Si era osservati dalla
mattina alla sera. Se ti univi a una ragazza potevi essere sicuro
che quella doveva riferire a un commissario del popolo ogni
giorno. Guai a farsi scappare dei commenti non ortodossi. I
francesi, che come al solito credevano di poter essere critici
verso l’URSS, sperimentarono sulla pelle che significava essere
interrogati dagli specialisti. E furono rimandati subito a Parigi.
Poi c’era la coabitazione… ”.
“Beh, quella c’era ancora in alcune regioni italiane… ”.
Ciaparro guardò in faccia Ferrario sorridendo:
“Come no? Ma qui devi sapere che fuori di ogni appartamento
vi era un cartello col numero degli squilli che dovevi
fare per non chiamare tutte le famiglie che coabitavano,
ognuna in una stanza. Quando una ragazza mi invitava a
‘casa sua’, ovvero nella stanza che occupava con un paio di
amiche, in cucina c’erano le pentole col lucchetto e non ti
dico il bagno che cosa era. Quanto a privacy le altre ragazze
si mettevano in testa la coperta e ridevano dei miagolii dell’amica”.
“Che effetto ti fa trovarti nella stessa città di un tempo,
in cui la vita è completamente diversa?”, domandò Ferrario.
Ormai avevano ripreso il loro vagabondare nella Piazza
Rossa. Si erano avvicinati al Mausoleo di Lenin.
“Un mondo totalmente diverso. A quei tempi una gran
miseria diffusa che rendeva omogenea tutta la popolazione
al livello più basso. Operai, medici, artisti. La casta era costituita
dai membri del partito che erano una minoranza e
potevano permettersi di andare nei negozi Beriotska dove si
potevano acquistare generi occidentali purchè si pagasse in
dollari e non in rubli. Oggi, guardati attorno: traffico caotico,
limousine che fanno concorrenza a quelle americane, le
più grandi firme della moda… ”.
Mauro Ciaparro continuava nell’esposizione dei suoi ricordi
lontani: “Ecco, vedi: questo è il Mausoleo di Lenin con
dentro il corpo imbalsamato del creatore dell’Unione Sovietica.
Ai miei tempi la fila dei visitatori, quasi tutti sovietici che
venivano in viaggio premio da altre regioni, era lunga centinaia
di metri. Ore e ore di attesa. Gli italiani che venivano
qui per affari si presentavano davanti alle guardie alla porta e
dicevano: “Italianski Delegatia” e venivano fatti passare alla
faccia di quelli che attendevano al freddo”.
Si avviarono verso Piazza Lubianka che distava novecento
metri dalla Piazza Rossa.
Luigi Ferrario chiese all’amico Mauro.
“Ancora non mi hai detto come ti hanno contattato… ”.
“Tutto per posta normale. I telefoni sono controllati e anche
gli sms. Ci hanno mandato i biglietti, il ristorante dove
dobbiamo incontrarci questa sera. Sono loro che ci procureranno
un posto dove dormire. Non credo in un albergo,
perché è meglio non lasciare tracce. Domani, quando ripartiremo
con l’ultimo volo per Roma, questa volta con scalo a
Vienna (e non so perché) ci daranno il contante che avanziamo
ancora per l’operazione”.
“Mauro, siamo chiari: ci hanno promesso un sacco di volte
che ci avrebbero pagato per il lavoro che abbiamo fatto.
Ma, dopo il piccolo acconto in Euro, di grana non se n’è vista
più”. Siamo sicuri che questi amici tuoi non ci prendono per
il culo? Perchè io non sono interessato a fare giri turistici”.
“Tranquillo, Luigi. Vedrai che andrà tutto bene... Questa è
gente seria e sono appoggiati ai massimi livelli”.

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