“Benvenuti nel più antico ristorante georgiano”.
Li accolse con un gran sorriso Andrei che li condusse nella saletta dove attendeva il collega Valery insieme a due bellezze mozzafiato.
Presentazioni: Svetlana e Natascia. Ce l’avevano dipinto in faccia che si trattava di escort super lusso da almeno mille dollari a botta. La conversazione avveniva in inglese, una lingua che Mauro Ciaparro dominava perfettamente. Quanto a Luigi Ferrario si arrangiava. Ma quello che gli interessava in quel momento erano gli occhi azzurri di Natascia che gli sedeva accanto e che aveva cominciato a servirgli un bicchiere di vodka. Andrei era in vena di descrizioni turistiche:
“Questo ristorante è un landmark turistico di Mosca. La sua costruzione risale ai tempi degli Czar. Stalin era un frequentatore assiduo e si dice che si fosse fatto costruire un tunnel per raggiungere l’Aragvi dal suo ufficio nel Kremlino…”.
“Figlio di puttana… ” esclamò Ciaparro.
“Chi, Stalin?” chiese Andrei con un’espressione tra il sorpreso e il duro.
“No, il tassista. Ci ha fatto fare un sacco di giri a vuoto e mi ha rubato pure sul prezzo”.
“Normale”, disse ridendo Valery. “ Quasi come a Napoli”.
Andrei continuò nella descrizione del ristorante famoso per la sua cucina georgiana e per i vini Tsinandali. “Abbiamo voluto prenotare qui perché questo è un locale frequentato soprattutto dai russi e non dai turisti stranieri. Se non avete nulla in contrario ho ordinato un menu tipico georgiano senza andare sul solito caviale Beluga”. Un paio di grasse cameriere agghindate con nastri e grembiuli colorati cominciarono a portare piatti in tavola sui quali gli ospiti italiani si fiondarono perchè era da quando avevano mangiato lo schifoso spuntino offerto dalla compagnia aerea che non mettevano qualcosa nello stomaco.
“Queste cameriere, disse ridendo Mauro Ciaparro mentre masticava un piccolo blini, mi ricordano le “dezhurnaia”, le poliziotte ai tempi dell’URSS che facevano la guardia a ogni piano degli alberghi per controllare chi entrava e usciva dalle camere. Ma con un paio di calze italiane e un disco di Celentano uno si assicurava il passaggio libero di ogni ragazza”.
Andrei, Valery, Natascia e Svetlana si unirono ridendo al ricordo giovanile del vecchio Ciaparro, annaffiato da un brindisi all’amicizia. Le ragazze si alzarono per andarsi “a incipriare il naso”. Anche se poi la scusa era per farsi una sniffata di coca. Rimasti soli Andrei chiese ai due italiani:
“Adesso che non ci sono quelle scimunite ci dovete dire con sincerità come avete fatto a portare a termine un’operazione così complessa come quella di Roma. Quanti eravate?”.
“Quanti eravamo?”, si inserì Luigi Ferrario con il suo inglese romanesco, “Noi due soli. E quanti volevi che fossimo? Del resto Mauro ve l’aveva detto”.
“Incredibile, fece Andrei, dateci qualche dettaglio… ”.
“Beh, prima di tutto ci siamo travestiti da tecnici dell’ACEA, la società che distribuisce elettricità e acqua a Roma. Alla Stazione Termini ci siamo arrivati la mattina alle quattro. Non c’era nessuno per le strade. Abbiamo parcheggiato il furgone con le scritte ACEA vicino a un tombino che sapevamo conduceva ai treni. Abbiamo piazzato le cariche all’interno dei binari lavorando in modo che le telecamere della sicurezza credessero che stavamo riparando la corrente sulla linea portante. Luigi e io indossavamo una maschera di lattice con un’altra fisionomia che ci copriva il volto”.
“Quante cariche avete messo?” chiese Valery.
“Una decina” rispose Mauro “Tutte collegate tra loro wireless a un contatto sulla linea e per sicurezza anche a un timer. Alcune cariche le abbiamo posizionate in alto dietro alcuni sostegni di cemento della volta”.
“E in piazza San Pietro come avete fatto?”.
Mauro Ciaparro aspirò una sigaretta. Non avrebbe dovuto fumare perché dopo che gli avevano scoperto una lieve aritmia sarebbe stato meglio evitare il fumo. Ma quella era una serata speciale e poi la vodka e il pesante cibo georgiano lo stavano intorpidendo e aveva bisogno di un po’ di nicotina.
“Lì è stato un po’ più complicato. Siamo arrivati sempre con le divise da tecnici ACEA e con un furgone con braccio estensibile che manovravo io dalla macchina. Luigi è salito dentro il gabbiotto e ha piazzato le cariche all’interno del colonnato. Questo lavoro lo abbiamo fatto prima di Termini. Saranno state le due del mattino. Ovviamente siamo stati avvicinati da due della security vaticana che giravano nella piazza e strade vicine. Ci hanno chiesto i documenti, il permesso di effettuazione del lavoro. Gli abbiamo dato tutto, falso ovviamente, assicurando che ce la saremmo cavata in poco
tempo. Dovevamo ispezionare qualche cablatura perché era arrivato un segnale di interruzione della fornitura di energia in una struttura all’interno. Sono stati felici di ritornare alla macchina e noi abbiamo potuto completare il lavoro. Gli abbiamo fatto firmare persino il foglio di lavoro”.
“Formidabile”, esclamò Andrei a bassa voce mentre le due ragazze tornavano ridendo e fregandosi il naso.
Si era fatta quasi mezzanotte e il ristorante Aragvi stava per chiudere.
“Bene, disse Valery, adesso spostiamoci a casa mia così potremo continuare la serata in santa pace”. Fecero chiamare due taxi e una volta arrivati a destinazione fu Andrei che pagò la corsa.
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