Ciaparro e Ferrario erano due bombaroli professionisti.
Conosciuti dalle cosche mafiose più agguerrite avevano prestato
la loro consulenza in diverse occasioni, senza arrivare al
piazzamento finale degli esplosivi e alla pressione sul telecomando.
Ciaparro si era fatto una approfondita esperienza da militare
quando inserito in una unità del Genio lo avevano mandato
a sminare alcuni territori in Libano ai tempi della guerra
civile. Qualcuno dei suoi comilitoni ci aveva rimesso la pelle.
Ma era molto facile morire in quei tempi in Libano e lui
invece se l’era cavata.
Poi si era fatto assumere dalla BSC (Blackwater Security
Consulting) che era stata costituita nel 2001 con base a Moyock,
North Carolina. La missione ufficiale della BSC era
quella di proteggere i diplomatici in Iraq. Ma sono stati molti
gli episodi nei quali i mercenari della BSC hanno compiuto
eccidi contro la popolazione civile irachena.
Ciaparro aveva mostrato subito i suoi talenti aveva lasciato
la BSC e lo avevano convinto a unirsi a un commando ‘figlio
di nessuno’ che piazzava bombe alternativamente tra gli sciiti
e i sunniti in modo da fare crescere l’odio reciproco tra le
due componenti della popolazione irachena. Sperando che
il conflitto si ingigantisse coinvolgendo sia l’Iran shiita che
l’Arabia Saudita sunnita. Pagavano molto bene.
Quanto a Luigi Ferrario il suo curriculum vitae era certo
meno impressionante di quello di Ciaparro. Comunque
si era fatto un nome come giovanissimo aggregato ai tempi
della Banda della Magliana alla fine degli anni ’80 e quanto
a esplosivi era diventato un serio ed esperto fornitore della
manovalanza laziale, costantemente aggiornato sugli ultimi
ritrovati. Aveva canali riservati con diversi paesi.
Erano arrivati in piazza Lubianka. Si fermarono a osservare
la facciata del palazzo che sotto l’Unione Sovietica era
divenuto la sede della Cheka, la polizia segreta che poi aveva
preso il nome di KGB.
“Quando sono venuto in questo paese tanti anni fa”, disse
parlando sottovoce Ciaparro, “ogni volta che si passava in
questa piazza ti veniva naturale tenerti alla larga da questa
costruzione e svicolare. Chi veniva portato qui dentro il più
delle volte rischiava di non uscire. E se usciva era per essere
deportato in Siberia, come è successo allo scrittore Aleksandr
Isayevich Solzhenitsyn di cui vedi qui adesso la statua, che
hanno messo dopo che è andato al potere Gorbachev. Della
Lubianka si diceva che contavano soprattutto i piani sottoterra
(fino a sette livelli, ma sarà vero?) dove c’erano le stanze
degli ‘interrogatori’ e le prigioni. Noi giovani del PCI eravamo
convinti che fosse solo la solita propaganda occidentale.
Sono stati gli stessi russi che hanno poi rivelato che cosa si
nascondeva in questo palazzo che, comunque, è ancora la
sede del KGB, il servizio segreto di cui è stato direttore lo
stesso Putin”.
Luigi Ferrario si fregò le mani perché un venticello cominciava
ad abbassare la temperatura.
“Mi mette un senso di angoscia questo palazzo. Senti: a
che ora dobbiamo ritrovarci con quei due?”.
“Alle otto. Prendiamo un taxi. Pago con i rubli che mi
hanno mandato nella busta”.
Mauro Ciaparro si avvicinò alla stazione dei taxi. Il primo
di fila era una Lada Priora della AvtoVAZ.
“Restaurant Aragvi, 6 Tverskaya” disse il vecchio italiano,
provocando un sorriso sfacciato del tassista che borbottò
qualcosa in russo che suonava “Come se non lo sapessi... ”.
“Bella macchina”, disse Ciaparro. “Pensare che li abbiamo
motorizzati noi i sovietici costruendo la fabbrica di Togliattigrad
che produceva la Zhiguli che altro non era se non la
Fiat 124. Quando lasciavi la macchina in strada dovevi levare
i tergicristallo, altrimenti te li rubavano perché erano preziosi
e introvabili i ricambi”.
Il traffico serale si era intensificato, ma il tassista procedeva
sulle corsie preferenziali e dopo un quarto d’ora arrivarono di
fronte al ristorante Aragvi. Ciaparro pagò con un biglietto da
mille rubli, pari a 23 Euro e il tassista ingranò la marcia e se
ne andò senza dare il resto.
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