lunedì 6 aprile 2015

Capitolo 28 del "Washington DC sotto traccia"

“Bene”, disse il Boss della famosa Smithson & Bradley, Law Firm di Washington con oltre 500 avvocati. “Andiamo giù”. Oltre il Boss e i suoi quattro associates si era aggiunto anche Joe Linkedin, consulente per le strategie. Uscirono dall’ascensore interno ed entrarono nella spoglia stanza, meglio conosciuta come ‘gabbia di Faraday’. “Dopo tutti gli attentati che si sono succeduti a cominciare da quello di Roma la confusione regna a livello globale”, aprì la discussione il Boss. “Joe ci dica qual è lo scenario più verosimile a breve data”.
Joe Linkedin era un omone, ex giocatore di football americano, collo taurino, muscolatura imponente, malamente coperta da un abito nero di taglia super extra large. Si schiarì la voce: “Credo che allo stato la visione più seria sia quella di Jeremy Rifkin, presidente della Foundation on Economic Trends, consulente, come sapete, di molti capi di stato. Tra questi anche Angela Merkel.
Jeremy Rifkin ha sostenuto in una serie di interviste ai principali media internazionali tra i quali La Stampa di Torino che l’Europa e Usa stanno vivendo una crisi strutturale. Bisogna cambiare paradigma di sviluppo, a partire dalle abitudini energetiche. “Non mi sembra un’affermazione di grande originalità. Noi lo stiamo sostenendo da tempo. E anche il nostro Presidente si è fatto paladino della crociata delle fonti di energia rinnovabili”. Joe Linkedin negli anni passati sui campi di football nel ruolo di difensore aveva metabolizzato che prima bisogna indovinare da che parte passerà la punta avversaria, poi bisogna ridurre la distanza correndo e infine placcarlo prima che vada in meta. Quanto all’arcigno Boss che gli stava davanti, si potevano inghiottire anche le sue acide provocazioni che erano temperate dagli assegni che gli dava ogni anno. “Esatto”, ribattè. “Ma Jeremy Rifkin va oltre. Lui sostiene che dobbiamo passare dal modello della Seconda Rivoluzione industriale a quello della Terza, per smettere di vivere consumando le ricchezze del passato e tornare a produrre liberando la nostra creatività. Secondo Rifkin verso la fine degli Anni Settanta si è conclusa la Prima rivoluzione industriale, nel senso che abbiamo smesso di vivere grazie alla ricchezza che producevamo. Siamo entrati nella Seconda Rivoluzione industriale, in cui poco alla volta abbiamo bruciato tutti i nostri risparmi e poi abbiamo cominciato a vivere di debito”. “E anche questa valutazione non ha caratteri di estrema novità... ”, commentò il Boss mentre i suoi cani da guardia annuivano soddisfatti. “Niente di nuovo sotto il sole, è vero. Però può essere utile ogni tanto rimettere insieme le tessere del puzzle per avere una visione d’assieme per tracciare uno scenario futuro”. Re
plicò Joe Linkedin che stava irrigidendosi. “Bene: prosegua”, disse il Boss. “Facciamo un passo indietro. Secondo me è valido lo scenario tracciato da Rinfkin nell’intervista a un quotidiano italiano in cui affermava che durante gli Anni Ottanta si sono create le condizioni per una grande recessione legata all’edilizia: abbiamo costruito troppo, a prezzi non sostenibili. La crisi si è manifestata tra il 1989 e il 1991, con gli alti tassi di disoccupazione che hanno determinato la sconfitta di George Bush padre nelle presidenziali vinte da Bill Clinton. Invece di rimettere in ordine la casa e tornare a un’economia capace di produrre, abbiamo vissuto bruciando i risparmi che avevamo accumulato nei decenni precedenti: basti pensare che nel 1991 il tasso di risparmio delle famiglie americane era al 9%, e nel 2001 era sceso a zero”. Joe Linkedin si fermò un momento per riprendere fiato. Con la scusa di bere un sorso d’acqua mise gli occhi addosso al Boss che ricambiò lo sguardo con un’occhiata gelida. Gli scherani intorno a lui avevano espressioni asettiche, ma certo non mostravano una particolare eccitazione su quanto lui andava recitando. “A quel punto, invece di rimettere la testa a posto, ricominciò Linkedin, abbiamo continuato a consumare, usando stavolta le carte di credito. Abbiamo accumulato enormi debiti personali, e anche questa fonte di benessere illusorio si è esaurita. Allora abbiamo deciso di usare le nostre case come fossero dei bancomat: abbiamo finanziato e rifinanziato dei mutui, per ricevere in cambio soldi da spendere. In questa maniera il nostro debito personale è arrivato alle stelle, senza più vie d’uscita per ridurlo o per trovare altre risorse». “Ma secondo lei e il suo oracolo che cosa hanno fatto e avrebbero dovuto fare i governi?” interruppe il Boss.
“I governi si sono comportati grosso modo nella stessa maniera, puntando decisamente sul debito per finanziare la loro attività. Nel frattempo il costo delle materie prime, a partire dal petrolio, è aumentato in continuazione, per la nostra domanda e per quella sempre crescente dei Paesi emergenti, come la Cina e l’India. Se questo non bastava già a complicare la situazione, abbiamo interpretato la globalizzazione come una nuova opportunità di consumo, invece che di produzione: in sostanza per noi occidentali diventare global ha significato poter comprare beni a basso costo dai Paesi emergenti. Così si è creato un circolo vizioso, che non ci consentirà mai di uscire dalla crisi”. “Visto che lei sposa la tesi di Rifkin in toto quale soluzione bisognava adottare?”. Joe Linkedin continuò: “Ogni volta che c’è una recessione, facciamo sempre la stessa cosa: pompiamo un po’ di soldi sul mercato, e diciamo che vogliamo fare tagli alle spese. Ma la ripresa si alimenta spendendo, i Paesi emergenti ne approfittano aumentando la loro produzione e questo fa salire i costi delle materie prime come il petrolio. Di conseguenza tutti i prezzi aumentano, compresi quelli del cibo, e quindi ci ritroviamo in breve in una nuova situazione insostenibile, tornando a fare affidamento sul debito per soddisfare le nostre esigenze. Così non ne verremo mai fuori, anche se il Congresso tagliasse davvero quattro trilioni di dollari al debito americano”. Il Boss si mostrava annoiato: “Andiamo sul pratico. Quale sarebbe questo paradigma della Terza rivoluzione industriale, consigliato da Rifkin?”. “Primo, interrompere tutti questi comportamenti fallimentari di cui abbiamo parlato. Secondo, sviluppare un nuovo modello economico capace di generare milioni di posti
di lavoro, liberando di nuovo la nostra creatività e capacità produttiva. Il primo passo da compiere è il mutamento delle regole del gioco, liberalizzando l’attività imprenditoriale. Ci stiamo avvicinando al tramonto dell’era del petrolio e il Mediterraneo, tanto per fare un esempio, è l’Arabia Saudita dell’energia verde”, sostiene Jeremy Rifkin, padre della economia a idrogeno, “Sostenibilità, energia auto-prodotta e condivisa secondo il modello della rete di Internet e idrogeno” sono le parole d’ordine di una economia che in futuro ridisegnerà una nuova politica orizzontale e partecipata. Ma quello ancora più importante è cambiare le nostre abitudini energetiche, voltando finalmente le spalle alla dipendenza dal petrolio”. “Energia autoprodotta secondo il modello della rete di Internet. Vuol essere più chiaro?”. “Semplice: dieci anni fa non eravamo quello che siamo adesso. Oggi l’individuo in qualsiasi parte del mondo ha riacquistato una sua indipendenza. Viviamo in società di massa che sono però caratterizzate da miliardi di individui che dialogano tra loro, si scambiano informazioni personali, fanno business, muovono miliardi di dollari speculando. Se ognuno di questi individui avesse oltre che un computer, un laptop, uno smart phone con il quale inserirsi in rete anche la possibilità di autoprodurre energia e coprire le sue necessità quotidiane, il surplus non consumato potrebbe metterlo in rete realizzando oltre tutto un guadagno”. “Ed è proprio quello che stiamo seminando da tempo a cominciare dal nostro Presidente che non so se abbia mai consultato Rifkin. Bene Mr. Linkedin: la ringrazio per il suo tempo. Le faremo sapere a breve quando riterrò utile un altro scambio di idee sugli scenari prossimi venturi”. Il Boss porse la mano all’ex giocatore di football senza alzarsi.180
Appena il colosso ebbe varcata la soglia della Gabbia di Faraday, il Boss si rivolse a uno dei suoi quattro assistenti sibilando minacciosamente: “Più lo vedo e più questo tipo mi sembra un cretino. E pensare che gli diamo un bel pò di soldi... e lei che lo ha caldeggiato per mesi”. L’assistente sbiancò in volto e si strinse nelle spalle dicendo: “Gode di un’alta considerazione tra i capi di governo... ”. “Senza alcuna eccezione sono tutte teste di cazzo. Andiamo avanti. Qual è la situazione personale del Presidente per quanto riguarda la sua vita privata?”. La domanda era rivolta al secondo assistente. “Quanto al pericolo che il presidente USA possa essere coinvolto in uno scandalo sessuale, le opportunità sono diminuite dopo la sparizione delle due escort e dei due giornalisti del Post che avevano scavato per sei mesi. Inoltre, dopo il casino (perdoni il mio francese!) del News of the World di Rupert Murdoch, i tabloid si sono fatti cauti nel trattare storie di grandi politici”. Il Boss annuì suscitando un afflato di caldo affetto da parte del subordinato. “Chi sa dirmi che fine ha fatto quel Michael Bardi?”. Intervenne il terzo assistente dicendo con un sorriso obliquo: “Qualcuno ha cercato di farlo fuori, recentemente. Sembra che si tratti di un super killer arabo messo in pista dai finanziatori della riscossa islamica... ma si è salvato”. Il Boss ascoltò attento senza manifestare alcun sentimento. Poi, concludendo la riunione ordinò: “Bisogna investire in una estesa azione massmediatica per convincere la gente che noi siamo i buoni e loro, petrolieri e
annessi, sono i cattivi. ‘That's the power of the press, baby, the power of the press. And there's nothing you can do about it’, come diceva Humphrey Bogart. Questo è tutto”.

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