martedì 21 aprile 2015

Capitolo 29 di "W.D.C sotto traccia"

“Ho prenotato”. Disse Rachel alzandosi dal costoso bidet
che aveva fatto installare nel suo bagno (arnese sanitario bandito
in America perché considerato poco igienico e odiato
dai perbenisti perché ritenuto uno strumento da professioniste
del sesso da evitare in una casa normale).
Si asciugò accuratamente con un piccolo tovagliolo di soffice
carta.
“Prenotato cosa e dove?” chiese con un filo di voce Michael
Bardi che era sdraiato nudo sul letto disfatto. Ma anche
Michael si sentiva disfatto dopo il trattamento di Rachel che
aveva scaricato su di lui per ore tutta la sua energia sessuale.
“A Sedona. Sono stanca, voglio fare una vacanza e celebrare
insieme la tua guarigione. Partiamo domani per Phoenix
dove prenderemo una macchina”.

“Ma che auto ci hanno dato?” chiese Rachel a Michael che
guidava.
“Una Nissan Versa. Era l’ultima che gli era rimasta, con
tutti i turisti che sono arrivati. Comunque ho fatto mettere
il GPS”
“Ma a quanto stai andando?”.
“85 miglia”.
“Ma sei matto?”.
“Guarda che il limite su queste autostrade in Arizona è di
75 miglia. Poi si può fare un arrotondamento. Raro trovare
la polizia. Vedi quel truck che ci sta superando. Sicuramente
viaggia a più di 90 miglia”.

Dall’aeroporto di Phoenix avevano preso la I 17 con direzione
Flagstaff, un centinaio di miglia. Poi l’uscita sulla SR-
179 per arrivare a Sedona. Due ore circa prima di giungere
a destinazione.
Arrivarono a Oak Creek Village, località alle porte di Sedona
dove Rachel aveva prenotato un bed & breakfast famoso
per il lusso delle sue camere.
Adobe Graham Inn era gestito da Ron e Cheryl due curiosi
personaggi che avevano riversato nell’arredamento delle
sette camere e nella gestione del b&b il loro talento di amanti
dell’arte e la passione per i cibi organici.
A Rachel e Michael era stata assegnata la Sundance room
arredata con un enorme letto a baldacchino sul quale persino
i due giovani che erano di alta statura, stentarono all’inizio
a salire. Un rustico di gran lusso con la cura quasi maniacale
dei dettagli. Il menu della colazione e anche le posate e stoviglie
cambiavano ogni giorno.
Rachel appena posato il suo bagaglio a mano, scalciò da
una parte le scarpe, si liberò della tunica di lino con la quale
aveva viaggiato, rimanendo in tanga, seni con capezzoli
eretti.
Aveva aperto l’acqua della vasca Jacuzzi dove si immerse
tra un ribollire dei getti. Michael nel frattempo aveva stappato
una bottiglia di Dom Perignon che aveva versato in due
flutes, posti sul bordo della vasca insieme ad alcune candele
accese.
Il rituale americano della nota vasca di idromassaggio dal
nome italiano era rispettato. E anche lui si immerse nell’acqua
che ribolliva mentre il corpo di Rachel gli s’incollava addosso.

La guida aspettava da una mezz’ora nella ampia hall del
b&b. L’appuntamento era per le dieci. Michael e Rachel
finalmente discesero la scala e si avvicinarono alla poltrona
dove sedeva il loro ospite scusandosi per il ritardo.
“Signori, bene arrrivati. Mi avete ‘arruolato’ per qualche
giorno. Ma prima di iniziare le nostre esplorazioni penso sia
utile darvi qualche ragguaglio su ciò che stiamo andando a
vedere e sperimentare.
Mi chiamo Carlo Montezuma, proprio come il mio antico
avo che riportò nella Verde Valley i miei progenitori della tribù
Yavapai che erano stati decimati nella deportazione nella
riserva di San Carlo, lontana da qui 180 miglia.
Sì, noi ‘native Americans’ abbiamo molto sofferto. Qualcuno
parla di genocidio, considerato che in tutto il continente
gli ‘indiani’ sono stati eliminati a milioni. Ma sono
affermazioni che non si possono fare in pubblico”.
Rachel e Michael ascoltavano attenti sorbendo il tè di pesca
che Ron aveva portato insieme a dei minuscoli muffin dal
sapore squisito.
“Vado avanti”, disse Carlos Montezuma.
“Sedona… a proposito… prima che me lo domandiate…
è il nome della moglie del fondatore del primo ufficio postale.
Voi avete richiesto di partecipare a qualche seduta di
meditazione nei vortex di questa città.
Questa area per migliaia di anni è sempre stata considerata
come sacra. Le popolazioni primitive accorrevano in certi
periodi del’anno a invocare lo Spirito.
I vortex di Sedona sono diventati famosi in tutto il mondo,
non perchè siano creati da vento o acqua. Ma perchè si tratta
di vortici di energia spirituale che scaturisce dalla terra di
alcune zone.
Questa energia interagisce in diverse forme e modi. Non
è facile da spiegare. Bisogna provare. La leggenda Indiana
sostiene che ci sono quattro località nel mondo che hanno
questo potere energetico.
Due sono di natura positiva e due di natura negativa.
Quelle di natura positiva sono rispettivamente Kauai nelle
Hawaii e Sedona… ”.
“E quelle negative?” chiese Rachel.
“Preferisco non scendere nei particolari. Ma forse lo scoprirà
da sola a suo tempo. Sedona e Kauai, diciamo noi pellerossa,
sono dei vortexes nei quali il Grande Spirito si manifesta
facendo nascere l’arcobaleno. Il punto di massima
esternazione di questa energia si ha quando due ‘ley lines’ si
intersecano.
Qui a Sedona ci sono tre aree di massima concentrazione
di energia. La prima è mascolina; l’altra femminile e la terza
neutrale (il bilanciamento tra le due). Per esperienza professionale
ritengo che si debba cominciare da quella femminile
che è situata nel vortex della Cathedral Rock, proprio qui
vicino”.
“Perchè non cominciare dal vortex maschile?” chiese Michael
Bardi.
“Giusta domanda. Perchè il vortice femminile racchiude
anche l’energia maschile. Ma oltre alla forza e al coraggio, ha
anche la gentilezza, la bellezza, la compassione e la capacità
di amare.
Noi guide raccomandiamo che la prima visita sia fatta al
vortex femminile prima di passare agli altri due. Questo dipende
dal fatto che si tratta di una forma di forza magnetica
che aiuta a rimuovere l’energia negativa dal corpo umano e
dallo spirito.
Andremo dunque al Cathedral Rock Vortex dove il punto
di massima energia è situato vicino al fiume e permette di
sanare molte disfunzioni sia del corpo che dell’anima”.
Lasciata la macchina in una piazzola, cominciarono a
salire percorrendo uno stretto sentiero che non presentava
particolari difficoltà. Le pietre lisce in alcuni tratti erano la
dimostrazione che quel percorso veniva fatto da migliaia di
persone ogni anno.
Dopo venti minuti arrivarono in una valle stretta percorsa
da un’ansa del fiume.
Alberi e vegetazione bassa interrotta in alcuni punti da
tappeti di erba. Alcuni massi di colore arancione punteggiavano
la spianata.
Dietro si spalancava il fondale delle rocce rosse della Cattedrale
con le guglie color carminio indorate dai raggi lunghi
del sole in un contrasto di luci e di ombre.
Rachel e Michael si fermarono con il fiato corto, abbagliati
da tanta bellezza.
La guida Montezuma li fece sedere su due rocce levigate.
Da uno zaino tolse alcune collane colorate e una corona di
penne vermiglie e bianche che mise sul capo.
Impose ai due giovani di sedere con la gambe riunite sotto
il corpo e le palme delle mani appoggiate sulle cosce e rivolte
verso l’alto. Occhi chiusi.
Poi prese a salmodiare alcune frasi dal suono sincopato
nella sua lingua Yavapai.
Michael aveva affrontato questa esperienza con un tipico
cinismo italiano. La considerava una manifestazione di paganesimo,
buona per incantare gli allocchi, ovvero i turisti
danarosi pronti a sborsare centinaia di dollari per simili scemenze.
Man mano che l’ossessionante cadenza vocale di Montezuma
saliva e calava di tono, in una lingua densa di consonanti
e suoni gutturali, sentiva scaturire dall’interno delle
sue viscere una sorta di fuoco che andava a investire tutto il
suo corpo. Una febbre che bruciava, ritmicamente, seguendo
l’altalena del cantico del pellerossa.
Poi udì un sospiro, un gemito, un lamento continuato.
Rachel stava piangendo a dirotto, gli occchi chiusi, scuotendo
la testa in avanti e indietro e mormorava suoni indistinti
che andavano crescendo di tono.
All’improvviso fermò il moto della testa, mentre il suo
corpo veniva scosso da una febbre terzana e cominciò a mugolare
con una voce che non era più la sua, come se fosse
scesa in trance e parlasse per bocca di uno spirito.
I capelli le si erano alzati per un fenomeno elettromagnetico,
il viso stravolto e il trucco che le scolava sulle guance
rendevano la sua faccia una maschera da tragedia greca.
Adesso urlava frasi senza senso. Gli occhi ormai aperti e
sbarrati a guardare una realtà che le era sconosciuta.
Agguantata una pietra cominciò a percuotersi il petto e la
testa sgranando una giaculatoria di bestemmie e espressioni
oscene. Dalla bocca le usciva una bava giallastra.
“Sono io... distruggo tutto... tutto quello che tocco... quello
che trovo... niente amore... soldi... soldi... denaro... tutto...
per me... solo potere... sempre più forza... più potere... no
pietà... vince sempre Satana... ti adoro Lucifero... ”.
E urlava in preda a una crescente vibrazione psicomotoria
come una tarantolata. Finchè cadde a terra paralizzata, agonizando
perchè non riusciva a respirare.
Michael si precipitò su di lei e iniziò la respirazione bocca
a bocca, nonostante la bava, ma senza successo. Disperato le
pose una mano sotto il seno sinistro e iniziò un forte massaggio
cardiaco.
Rachel cominciò a respirare di nuovo. Dopo una decina
di minuti Montezuma, la guida pellerossa, l’aiutò insieme a
Michael a rimettersi in piedi. Si avviarono lentamente sul
sentiero per raggiungere la macchina nel parcheggio. Rachel
man mano riusciva a riprendere forza. Era come se si stesse
svegliando da un incubo.
“Michael”, disse con un filo di voce. “La mia borsa… ho
lasciato la borsa su quella pietra. Per favore vai a prenderla…
Grazie, tesoro”.
Michael ritornò sui suoi passi mentre Rachel e Montezuma
proseguivano il loro cammino lungo il sentiero.
La borsa era caduta vicino a un cespuglio quando Rachel
era stata colta dalle convulsioni. Michael la raccolse e in quel
momento un telefono cellulare cominciò a vibrare. Michael
aprì la borsa, estrasse lo smart phone.
Sul display appariva un messaggio sms. “Perché non rispondi?
Voglio avere aggiornamenti su quello che stai controllando
da vicino. Fatti viva e subito. Firmato Paul”. Il telefono
da cui era partito il messaggio era quello personale
del Boss della Smithson & Bradley Law Firm che Michael
conosceva bene. Michael cancellò la chiamata.

Ospedale di Sedona. Sala di attesa. Le sedie erano quasi
tutte occupate. Michael ne trovò una libera vicino alla macchina
frigorifera che dispensava acqua depurata.
“Non ti fidare... ”. Montezuma era apparso all’imrpovviso
da una porta laterale. Si era avvicinato senza fare rumore e
chinatosi verso Michael gli parlava all’orecchio.
“Guarda che su di lei c’è un dossier che fa paura. La seguiamo
da tempo. Bravissima nel doppio gioco e nel ricattare...
Cerca di approfondire... ”.
“Quanto ad approfondimenti, non ti preoccupare. È insaziabile
e nessuno la ferma” sorrise Michael. Ma si rese conto
di avere detto una frase poco elegante che puzzava maschilismo
d’accatto, proprio lui che si era sempre fatto paladino
del diritto delle donne di liberarsi dai tabu’ sessuali imposti
dai maschi e dalle religioni.

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