mercoledì 10 giugno 2015

Capitoli 37 e 38 del giallo "W.D.C sotto traccia"




“Questa sì che è una bella notizia”, commentò Michael
Bardi indicando al suo amico Tom Genisio la prima pagina
del Las Vegas Sun. “Finalmente lo hanno incastrato quel bastardo!”
Genisio dette un’occhiata distratta al giornale mentre sintonizzava
alcune apparecchiature radar su una frequenza crittata.
“Chi è? Lo conoscevi?”, chiese.
“Altroché: ho dovuto avvicinarlo sotto copertura. Un gran
figlio di puttana, responsabile di una scia di delitti non immaginabile.
Edmundo Gutierrez, per anni protetto dalle autorità
messicane. Capo riconosciuto di uno dei più potenti
cartelli della droga”.
I due agenti si trovavano in un furgone dai vetri oscurati
parcheggiato vicino alla pista del piccolo aeroporto di Lake
Havasu City.
“Anche se aveva alzato il volume dello hi-fi nella sua camera,
i nostri insieme a quelli dello FBI lo hanno ugualmente
ascoltato e registrato con microfoni direzionali super sensibili”.
“Ma la cosa più buffa, è che il colloquio avveniva nella
sua suite al New York-New York Hotel con un altro figuro
italiano, ex massone. E questo l’hanno trovato morto sul suo
letto semi vestito. Il classico attacco cardiaco scatenato dalla
pompa fatta da una fanciulla chiamata Diamond della Companion,
società di escort. ”
“E tu conoscevi pure quello lì?” chiese Tom Genisio che
adesso stava armeggiando con la definizione di uno dei tanti
monitor di cui era pieno il furgone.
“Già proprio così. Un tipo losco che ho incontrato a
Roma. Aveva messo su una sorta di club esclusivo che sembra
conti molto a livello internazionale. Ecco perché era in contatto
con quel Gutierrez. Speriamo solo che i nostri non decidano
di restituire questo farabutto alle autorità messicane. O
che almeno lo facciano dopo averlo spremuto a dovere… ”.
Genisio aveva seguito il racconto di Michael. Ma la sua
attenzione era soprattutto concentrata su uno degli schermi:
“Tra due minuti l’aereo del Presidente atterra… Ha scelto
uno dei nostri: primo, perché la pista è corta e secondo per
non offrire informazioni a qualche figlio di puttana, viaggiando
con gli aerei della White House”.
“A proposito non mi hai detto come è andato il tuo viaggio
in Sicilia. Hai ritrovato il paesello natale dei tuoi nonni?”
chiese Michael.
Al ricordo del viaggio e della gente incontrata in Trinacria,
Genisio sembrò perdere per alcuni secondi il plumbeo
atteggiamento professionale sotto il quale nascondeva i suoi
sentimenti.
“È stato molto bello. E l’accoglienza che mi hanno fatto…!
Come se fossi partito da lì la settimana prima. E invece
a partire erano stati i miei nonni, valigia di fibra, non una
parola d’inglese e tanta voglia di venir fuori dalla miseria
secolare di quella terra. A proposito: me n’ero dimenticato. Ho
qualcosa per te... ”.
Michael guardò con aria sorpresa il collega.
“Prendi, forse ti può servire”.
Consegnò a Michael Bardi un astuccio che Michael aprì
tirando fuori un antico coltello a serramanico in perfette
condizioni.
“Con questo”, disse Tom, “In Sicilia si regolano ancora gli
affari di famiglia. Ma non solo”.
Michael fece pressione sul pulsante e una lunga lama molto
affilata scattò fuori dall’impugnatura.
“Molto bello”, disse, “Ti ringrazio. Certo che i tuoi corregionari
non scherzavano”.
“Non scherzano ancora. Parliamo d’altro: speriamo che
qui vada tutto bene nelle prossime ore. Il Presidente ha deciso
di venire a parlare nella tana del giaguaro. Avrà sicuramente
le sue buone ragioni, chi lo nega?! Però la nostra squadra
deve provvedere alla security insieme alla polizia locale di cui
non mi fido per nulla”.
Michael attivò il suo microfono e dette istruzioni al team
di tenersi pronti perché l’aereo di POTUS (President of the
United States) stava per atterrare.
Il Gulf Stream bianco della CIA toccò dolcemente la pista
di asfalto e si diresse verso un’area dell’aeroporto dove un
gruppo di auto nere lo circondò.
Il Presidente in maniche di camicia e sorridente, seguito
dal ministro per l’informazione e dal direttore dell’Agenzia,
scese la scaletta ed entrò nella sua auto blindata.
La parata di auto blue, compresa l’ambulanza, si avviò verso
Lake Havasu City che distava dieci miglia dall’aeroporto.

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Poche le persone che si avventuravano a osservare il corteo
presidenziale che si muoveva verso il centro di Lake Havasu
City, la città più importante della Mohave County, (Arizona).
La temperatura aveva superato i 120 F (51 gradi C.).
Forse questa era la ragione principale. Ma poi il Presidente
non andava a genio alla maggioranza dei cinquanta mila abitanti
che per il sessanta cinque per cento votavano a destra e
non amavano che alla Casa Bianca ci fosse un liberale.
Il Presidente, visto che non doveva salutare con la mano
i cittadini che non erano usciti di casa, aveva deciso di dare
un’occhiata ai fogli che il solerte segretario gli aveva appena
consegnato:
“Lake Havasu City fondata nel 1963 sui quattordici chilometri
quadrati acquistati dall’imprenditore Robert P. Mc-
Culloch. Un tipo originale che aveva comprato dalla City of
London l’omonimo ponte, pagandolo due milioni e mezzo
di dollari. Era il 1968. Le pietre catalogate e numerate erano
state portate dall’Europa a Lake Havasu City dove il ponte
era stato ricostruito.
Oggi il London Bridge è la seconda attrattiva turistica
dell’Arizona dopo il Grand Canyon”.
“Questo proprio non lo sapevo”, disse tra sé il Presidente.
La motorcade presidenziale attraversò il ponte e si diresse
vero il resort che ne portava il nome. L’ampio parcheggio era
occupato da decine di veicoli delle televisioni locali e nazionali
per i collegamenti satellitari.
Reporters e cameramen erano stati sistemati in un settore
del grande salone dell’albergo nel quale si sarebbe tenuta
la town hall, il consiglio comunale, con la presenza di circa
cento cinquanta invitati, sindaco compreso, che erano stati
sottoposti al body scanner e ad altre indagini prima di essere
autorizzati a sedere nella sala.
I cani della squadra anti esplosivi erano stati sguinzagliati
per decine di minuti a frugare e annusare ogni angolo del
salone, provocando la reazione di giornalisti e tecnici delle
televisioni che non erano particolarmente felici di essere stati
assegnati a quella missione in un posto così infame e con quel
caldo terribile che il sistema di aria condizionata stentava a
combattere man mano che la sala si riempiva di persone e il
parco lampade veniva acceso.
Ma a riscaldare l’atmosfera avevano già contribuito alcune
suffragette del Tea Party locale che avevano concesso interviste
a radio e televisioni accusando il Presidente di sperpero
del denaro pubblico e di avere intenzione di aumentare le
tasse.
Il Presidente fece il suo ingresso scortato da un plotone
di guardie del corpo. Era espansivo e sorridente e prima di
andare al podio si attardò a stringere la mano ai parlamentari
dell’Arizona presenti e a molti dei partecipanti all’assemblea
comunale.
Poi prese posto dietro il podio, staccò il microfono dalla
base e salutate le personalità politiche e i cittadini di Lake
Havasu City cominciò a parlare, senza servirsi del teleprompter,
ma recandosi a pochi metri dalle prime file di sedie.
“I miei predecessori sono stati molto criticati quando, a
cominciare dal 1937, anno della costruzione della diga Parker
che ha dato vita al Lake Havasu, decisero di stravolgere
il deserto creando questo grande bacino artificiale che garantisce
la somministrazione dell’acqua del Colorado all’Arizona
e alla California. Un’opera ciclopica che insieme agli altri
grandi bacini più a nord, il Lake Powell e il Lake Mead ha
modificato la natura, portando ricchezza a queste regioni”.
Mentre il Presidente parlava e si asciugava il cerone che
stava colando, Michael Bardi decise di uscire dalla sala per
accertarsi di persona che le stanze intorno alla gran sala fossero
state bonificate e che i suoi uomini non allentassero la
concentrazione.
“Quegli americani che sono riusciti a realizzare in decenni
diversi queste opere” continuò il Presidente “erano dei visionari.
Guardavano al di là della loro vita politica e dei propri
interessi personali. Agivano invece nell’interesse della nazione
e del popolo americano”.
Un assistente gli porse una bottiglia di acqua depurata dalla
quale l’inquilino della Casa Bianca bevve un lungo sorso.
Anche gli avversari erano costretti a riconoscere che POTUS
aveva il talento di sapere comunicare entrando in sintonia
con le persone.
Una vecchia tecnica adottata dagli attori di teatro che
mentre recitano scrutano le facce degli spettatori che siedono
nelle prime file per vedere dalla loro espressione se riescono a
penetrarli oppure se il sonno li sta conquistando.
Il Presidente si rese conto che l’attenzione era molto alta,
anche se gran parte dell’audience mostrava scetticismo condito
da sorrisi ironici.
“Oggi siamo nella stessa situazione perché si tratta di ribaltare
dal profondo una cultura basata sul petrolio. Più di
cento anni di storia con interessi tremendi coinvolti. Ma bisogna
guardare lontano, avere una visione di lungo periodo.
Il domani per loro, per quei Presidenti, non era la conservazione
dei cactus del deserto, ma la distribuzione dell’acqua
a milioni di persone. Così pensarono e agirono i Presidenti
che mi hanno preceduto e gli uomini che hanno lavorato al
loro fianco per raggiungere questi risultati.
Il domani dei nostri figli e nipoti non è la conservazione
di una società industriale basata sull’uso di energie non rinnovabili
come i fossili destinate a esaurirsi, ma sullo sviluppo
di quelle alternative.
Arrivando qui dall’aeroporto ho visto tanti impianti di
pannelli solari installati sulle abitazioni e gli edifici pubblici.
Questi pannelli fotovoltaici sono la chiara dimostrazione di
dove deve andare il mondo a cominciare dall’America.
Questo sole che ci arrostisce è la chiave di volta per costruire
una nuova società che tragga proprio dall’astro la maggior
parte dell’energia di cui ha bisogno.
Dobbiamo limitare la nostra dipendenza energetica dai
paesi che detengono ancora i bacini petroliferi e che ci vogliono
strangolare. Dobbiamo ridurre in misura drastica
l’inquinamento che sta cambiando il sistema meteorologico
globale.
Dobbiamo intensificare i nostri sforzi per dare all’America
il primato nella tecnologia verde.
In pochi decenni la nostra Nazione ha conquistato il primato
nell’astronautica dopo lo shock dei successi sovietici.
Gli Stati Uniti hanno rivoluzionato il mondo con Internet e
la creazione di siti sociali che hanno cambiato la nostra vita
quotidiana e sono stati la scintilla che è riuscita a scatenare e
coordinare i movimenti di rinascita di tante popolazioni del
Medio Oriente che volevano affrancarsi dal giogo delle dittature
che le avevano dominate per lunghi periodi. Se vogliamo
e quando lo vogliamo noi Americani siamo in grado di dare
nuovi contenuti allo sviluppo dell’umanità”.
Un applauso di cortesia commentò l’intervento di apertura
del Presidente. Adesso la parola passava ai partecipanti.
Quelli che avrebbero parlato erano stati sottoposti prima della
riunione, a una selezione accurata.
Avevano dovuto indicare il contenuto della loro domanda.
Se qualcuno si proponeva di svicolare, magari introducendo
le offese plateali di cui il Presidente era fatto oggetto nelle
riunioni e comizi degli attivisti di estrema destra, ci sarebbero
state conseguenze di carattere penale.
Il Presidente era lì per ascoltare l’America in presa diretta.
“Signor Presidente”, disse la prima esponente del Tea Party
locale aggrappata al microfono che le avevano porto, “Con
tutto il dovuto rispetto lei è venuto a ripeterci qui, a migliaia
di miglia dalla Casa Bianca, tutte quelle cose che fanno parte
da tempo del suo show. Lei propone di guardare a quello che
hanno fatto i suoi predecessori negli anni passati. Siamo tutti
convinti che si sia trattato di uno sforzo immane fatto da persone
che sapevano dove volevano andare perché il loro obiettivo
era quello di assicurare nel futuro anche lontano acqua
a milioni di cittadini che avrebbero potuto morire di sete”.
Il Presidente ascoltava attento. Il suo sorriso si stava stemperando
in una espressione di insofferenza. La mano destra
lasciava una impronta di sudore sul radio microfono che
stringeva.
La suffragetta sempre più infervorata andava avanti nel
suo comizio.
“Oggi viene a dirci che bisogna rivedere la nostra cultura
del petrolio per sostituirla con quella delle energie alternative.
Ma nel frattempo che facciamo noi? Smantelliamo le reti
di rifornimento e le sostituiamo con cosa? Cancelliamo le
centrali a carbone e quelle nucleari e le sostituiamo con cosa?
Lei sa bene che la tecnologia delle fonti alternative è ancora
allo stato embrionale… dove sono i posti di lavoro che lei ha
promesso in tutti questi anni… ?”.
Il microfono della donna ammutolì e un assistente si precipitò
a toglierlo dalle sue mani nonostante protestasse che lì
si usavano delle misure antidemocratiche perché si toglieva
ai cittadini la possibilità di manifestare il proprio pensiero e
dissenso.
Il Presidente recuperò il suo sorriso da ottimo attore. E
rivolgendosi alla donna che aveva parlato le disse:
“Lei ha perfettamente ragione nel ricordarmi che da tempo
vado sostenendo le stesse cose. Ovvero la necessità di voltare
pagina e pensare seriamente al futuro dei nostri figli e
dei nostri nipoti. Ma il mestiere di un politico che abbia a
cuore gli interessi della gente che lo ha eletto, non è quello di
pensare al suo particolare.
Come vostro Presidente da tempo ho buttato il mio cuore
e tutte le mie energie in questa crociata che deve aprire gli
occhi al popolo americano, facendo capire che se non si prendono
le giuste decisioni oggi, il nostro domani sarà all’insegna
del disastro e della subalternità da altri che possono
dominarci usando il rubinetto dei loro pozzi… ”.
Il Presidente continuò a esporre il suo programma scendendo
nei dettagli e cercando di dimostrare che le nuove tecnologie
già stavano garantendo un recupero della disoccupazione
che dalla prima pesante recessione del 2008 continuava
a penalizzare l’economia americana.

1 commento:

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