sabato 29 novembre 2014

W.D.C sotto traccia - Capitolo 11

La segretaria bussò alla porta dell’ufficio. “Entra!” fece l’avvocato Rachel O’Hara. “Sulla linea tre ho l’onorevole Gutierrez da Città di Mexico”. “Passamelo… Carissimo Onorevole che piacere sentirla…”. “Bellissima esponente del Foro (ma che hai capito? Non equivocare... ) come stai?”, rispose il messicano. “Oppressa da montagne di lavoro. Soprattutto per te e i tuoi amici. Ma tutto procede”. “Senti, ti disturbo per segnalarti che riceverai la visita di Michael Bardi. È un giovane molto preparato e ti prego di considerarlo come un mio assistente diretto”. “Sarà un piacere per me, Onorevole”. “Non lo metto in dubbio. Un forte abbraccio”.
Rachel O’Hara, avvocato, una gran bella donna, sicura di esserlo. Ovviamente anche per lei valevano i commenti maligni ambosessi secondo cui aveva avuto successo nella professione dandola a chi le poteva essere utile.
Ma lei se ne infischiava delle maldicenze che metteva da sempre nel conto. A spargere gossip in genere erano omuncoli che avrebbero voluto godersela almeno una volta e che facevano gli schizzinosi moralisti. E poi tutta una torma di donne, condottiere di quel femminismo d’accatto all’insegna del tutto e subito e tagliamo i coglioni al maschio stupratore e sfruttatore. E tra queste maldicenti anche qualche Saffo che aveva cercato più volte di rimorchiarla. Il risultato di tanto movimentismo parolaio era che la donna in generale era ancora di più oberata da responsabilità e fatiche. E siccome tutte ormai erano costrette a cercarsi un lavoro per aiutare il marito o perché divorziate con i figli a carico, lo schiavismo femminile aveva assunto nuove connotazioni. Ma la sostanza era sempre la stessa. A meno che tu non sia dotata da madre natura di un fisico al di sopra della norma e di una testa che riesce a gestire nel modo giusto quel patrimonio di viso, culo, tette e gambe. La fortunata innesta allora la quinta e la sesta marcia e sorpassa tutto e tutti. Questo pensava Rachel O’Hara, avvocato, che aveva abbandonato i tribunali per le società di lobby dove, grazie al suo fisico, cordialità naturale e cervello sopraffino era riuscita a scalare i piani alti di una delle più affermate aziende di Washington. Accavallando le lunghe gambe inguainate nei pantaloni attillati di un tailleur di ordinanza che esaltava le sue curve pericolose Rachel sorrideva pensando: “E del resto si dice: ‘à la guerre comme à la guerre’. Ovvero non si possono mettere i fiori nelle canne dei fucili. E lei le sue armi naturali sapeva bene come adoperarle. Con tanti saluti a quelli che strillavano per il sexual harrassement fatto dalle donne nei confronti del maschio.
Knock, knock alla porta del suo ufficio di angolo con doppia finestra e quadri d’autore alle pareti. Michael Bardi apparve sfoderando il suo luminoso sorriso. Zazzera bionda, lievemente spettinata dopo il taglio da 300 dollari del barbiere alla moda. Quasi due metri di muscoli in un Armani ultimo modello. “Cristo!”, bofonchiò l’avvocatessa tramortita da tanto vedere. “Ma questo è un Paride”. Alzandosi e porgendo la mano, disse: “Lei è Michael Bardi da Hollywood?!” Eye contact prolungato tra i due con risata squillante di Rachel. Il ghiaccio era rotto e si poteva cominciare a parlare di lavoro dopo i primi minuti all’insegna del ‘ma quanto ci piaciamo!’.
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 (Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente
esistenti o esistite è da ritenersi puramente casuale.
Any resemblance to real events and/or to real persons, living or dead, is
purely coincidental)

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